Il 16 giugno 2022 è una data da ricordare. È una data da ricordare perché è avvenuto in Italia il primo caso di suicidio medicalmente assistito.
A ottenerlo è stato Federico Carboni, noto come Mario, un 44enne di Senigallia rimasto tetraplegico dopo un incidente stradale avvenuto nel 2010. “Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così”, ha dichiarato. “Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità – ha aggiunto – ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò”.
Il primo caso dopo l’approvazione della Camera ddl sul suicidio assistito dell’11 marzo 2022, poco dopo la dichiarata inammissibilità del referendum sull’eutanasia. Ma quali sono le condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito?
Il richiedente – maggiorenne tenuto in vita da trattamenti sanitari che abbia avuto accesso alle cure palliative – deve essere affetto da una malattia mortale o trovarsi in una “condizione irreversibile” che causi “sofferenze fisiche e psicologiche irreversibili”. Ma permane l’obiezione di coscienza.
Dunque, un primo passo storico, decisamente, ma ancora troppo poco per esultare. Perché rischiano di non bastare i casi di Eluana Englaro, Dj Fabo e ora “Mario”. Perché non sono bastate le oltre 200 mila firme raccolte nelle piazze italiane di cittadine e cittadini che vorrebbero esprimersi in merito. Perché in un Paese in cui la presenza della Chiesa è ancora politicamente ingombrante, tanto da far guardare alla classe politica i temi etici con un certo scetticismo. Ma la sofferenza, in questi casi, non può essere un affare di Stato o di Chiesa: è una questione personale. E solo chi è coinvolto avrebbe il diritto di decidere.
A ottenerlo è stato Federico Carboni, noto come Mario, un 44enne di Senigallia rimasto tetraplegico dopo un incidente stradale avvenuto nel 2010. “Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così”, ha dichiarato. “Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità – ha aggiunto – ma ormai sono allo stremo sia mentale sia fisico. Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò”.
Il primo caso dopo l’approvazione della Camera ddl sul suicidio assistito dell’11 marzo 2022, poco dopo la dichiarata inammissibilità del referendum sull’eutanasia. Ma quali sono le condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito?
Il richiedente – maggiorenne tenuto in vita da trattamenti sanitari che abbia avuto accesso alle cure palliative – deve essere affetto da una malattia mortale o trovarsi in una “condizione irreversibile” che causi “sofferenze fisiche e psicologiche irreversibili”. Ma permane l’obiezione di coscienza.
Dunque, un primo passo storico, decisamente, ma ancora troppo poco per esultare. Perché rischiano di non bastare i casi di Eluana Englaro, Dj Fabo e ora “Mario”. Perché non sono bastate le oltre 200 mila firme raccolte nelle piazze italiane di cittadine e cittadini che vorrebbero esprimersi in merito. Perché in un Paese in cui la presenza della Chiesa è ancora politicamente ingombrante, tanto da far guardare alla classe politica i temi etici con un certo scetticismo. Ma la sofferenza, in questi casi, non può essere un affare di Stato o di Chiesa: è una questione personale. E solo chi è coinvolto avrebbe il diritto di decidere.